Perché l’autocertificazione e la copia autentica di un titolo di studio estero fatte in Italia non hanno valore nei procedimenti di equivalenza

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di Michela de Julio
Consulente legale esperta in riconoscimento titoli di studio
e qualifiche professionali esteri in Italia

Errori comuni insiti nella documentazione per il riconoscimento dei titoli esteri

Quando si presenta una candidatura per un concorso pubblico, la conformità formale della documentazione trasmessa a una pubblica amministrazione è fondamentale per il successo del procedimento di riconoscimento di un titolo di studio estero. Ogni domanda deve essere corredata da documenti ad hoc preparati secondo le specifiche tecniche previste dalla normativa vigente, che disciplinano rigorosamente il processo di validazione. L’Italia, come ogni altro Paese, applica le proprie regole per il riconoscimento dei titoli esteri, e il mancato rispetto di queste regole può portare al rigetto della richiesta da parte delle autorità competenti.

Un errore comune è la tendenza a semplificare il processo, trascurando dettagli essenziali e formalità indispensabili. Molti candidati, ignari delle peculiarità del sistema giuridico italiano, non sono consapevoli delle complesse normative che governano il riconoscimento dei titoli di studio ottenuti all’estero. Questa scarsa familiarità con le procedure spesso genera errori nella preparazione della documentazione, con conseguenze che possono variare da ritardi nell’esame della domanda fino alla sua esclusione definitiva. La mancata attenzione alle formalità non è solo una questione di precisione burocratica, ma un elemento cruciale che determina l’accettazione o il rigetto della candidatura.

Un elemento essenziale per la corretta preparazione della documentazione necessaria al riconoscimento di un titolo di studio estero consiste nella creazione di un elenco dettagliato e ordinato dei documenti da presentare. Ogni documento deve essere accuratamente identificato, nominato e numerato in una lista accompagnatoria che va allegata alla domanda di equivalenza, facilitando così il controllo della completezza da parte delle autorità italiane. Questa lista deve contenere una descrizione precisa di ciascun documento, assicurandosi che nulla venga tralasciato, riducendo così il rischio di ritardi o rigetti della domanda dovuti a errori o omissioni.

È importante ricordare che le autorità competenti non accettano documenti in formato fotografato o copie di scarsa qualità. Tutti i documenti devono essere presentati in formato ordinato, completo e facilmente leggibile. Immagini scannerizzate o fotocopie che risultano illeggibili, sbiadite, con parti mancanti, o con timbri e sigilli non chiaramente riprodotti saranno rifiutate, anche se tali elementi sono presenti nell’originale. Una riproduzione imprecisa, con documenti tagliati, piegati o ombreggiati, non solo compromette la validità della domanda, ma può anche impedire l’avvio dell’istruttoria, causando significativi ritardi nella conclusione del procedimento.

È sempre consigliabile compilare il modulo di domanda utilizzando il computer piuttosto che a mano, per evitare che la grafia poco chiara possa compromettere la leggibilità del documento. Una compilazione digitale assicura una maggiore precisione e chiarezza, riducendo il rischio di errori interpretativi o di informazioni mancanti che potrebbero sorgere nel caso di una scrittura manuale. Inoltre, la compilazione a computer permette di mantenere un formato uniforme e professionale, facilitando il lavoro delle autorità competenti nella valutazione della documentazione e accelerando l’intero procedimento amministrativo.

Inoltre, i file devono essere denominati in modo chiaro e descrittivo, riflettendo esattamente il loro contenuto. Ad esempio, un documento come la “dichiarazione di valore in loco” deve essere inviato in formato PDF con un nome corrispondente a tale descrizione. Non è compito dell’Ufficio riorganizzare o rinominare i file ricevuti, pertanto una denominazione corretta è fondamentale per evitare ulteriori complicazioni o rallentamenti nel processo di valutazione. Prestare massima attenzione a queste indicazioni pratiche è essenziale per garantire che la documentazione presentata sia conforme alle norme vigenti, riducendo al minimo i rischi di rigetto o ritardo della domanda.

 

Perché l’autocertificazione di documenti formati all’estero non è consentita

Preparare adeguatamente la documentazione richiede un’attenta pianificazione e un’approfondita comprensione delle normative applicabili. Solo una corretta preparazione e presentazione dei documenti potrà garantire che la richiesta di riconoscimento sia presa in considerazione dalle autorità italiane competenti, evitando ritardi o rigetti che potrebbero compromettere irrimediabilmente il successo della candidatura.

La normativa italiana, in particolare l’articolo 19 del DPR 445/2000, consente la dichiarazione sostitutiva di copia conforme solo per documenti emessi, detenuti o registrati da amministrazioni italiane o da rappresentanze diplomatiche italiane all’estero. Questa disposizione esclude categoricamente la possibilità di autocertificare i documenti formati all’estero, come i titoli di studio conseguiti presso istituzioni educative straniere. La ragione di tale esclusione risiede nel fatto che le amministrazioni pubbliche italiane non hanno alcun mezzo per verificare direttamente l’autenticità dei documenti emessi da enti di formazione esteri. Di conseguenza, un titolo di studio estero non può essere autocertificato, ma deve invece seguire un processo di riconoscimento formale che richiede verifiche accurate da parte delle autorità competenti.

Il problema dell’autocertificazione dei titoli di studio esteri ai fini della partecipazione a una procedura selettiva pubblica per un impiego nella pubblica amministrazione in Italia è strettamente legato al principio di garanzia e di legalità che permea l’intero sistema amministrativo italiano. La normativa italiana prevede che l’autocertificazione sia ammessa solo per i documenti emessi, detenuti o registrati da amministrazioni italiane o rappresentanze diplomatiche italiane all’estero, poiché queste istituzioni sono in grado di verificare direttamente l’autenticità dei documenti. Questa previsione è sancita dal d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, e in particolare dall’articolo 19, che specifica i limiti delle dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà. La logica dietro questa norma è garantire che le amministrazioni pubbliche italiane possano controllare la validità dei documenti presentati, evitando il rischio di frodi o falsificazioni.

Questa restrizione scaturisce pertanto da un quadro normativo che dà priorità alla certificazione formale e alla verifica dell’autenticità legale dei documenti presentati alle amministrazioni pubbliche. A differenza dei titoli conseguiti in Italia, che possono essere autocertificati per alcuni usi, quelli ottenuti all’estero richiedono una procedura di riconoscimento formale che implica verifiche rigorose da parte delle autorità italiane competenti. Il principio di fondo è garantire che solo i titoli di studio conformi agli standard italiani possano essere utilizzati per finalità pubbliche, mantenendo così l’integrità e la trasparenza del sistema di reclutamento pubblico.

Infatti, un titolo di studio estero, essendo rilasciato da un ente di formazione straniero e non registrato da un’amministrazione italiana, sfugge alla possibilità di essere verificato attraverso i canali previsti per i documenti italiani. Di conseguenza, un titolo di studio conseguito all’estero non può essere autocertificato da chi desidera partecipare a un concorso pubblico; deve invece seguire una procedura di riconoscimento formale. Questo processo è disciplinato dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che all’articolo 38 stabilisce il requisito dell’equivalenza dei titoli esteri per l’accesso al pubblico impiego.

Pertanto, nel preparare la documentazione da presentare al Ministero dell’Università e della Ricerca o al Dipartimento della Funzione Pubblica, come previsto dall’articolo 38 del Decreto Legislativo 165/2001, è indispensabile seguire scrupolosamente tutte le formalità richieste. La mancata osservanza di queste formalità può compromettere la validità dei documenti e privarli di efficacia legale in Italia. Le domande incomplete o prive dei requisiti necessari non saranno accettate dalle autorità competenti, rendendo vano il tentativo di partecipare a concorsi pubblici con un titolo estero non adeguatamente riconosciuto. In questo contesto, comprendere e rispettare le regole italiane è cruciale per assicurarsi che il proprio titolo di studio venga trattato con lo stesso valore legale di quelli conseguiti in Italia, evitando errori formali che possano condurre a rigetti o ritardi nel processo di valutazione.

 

Come candidarsi a un concorso pubblico con un titolo estero

Per comprendere l’effetto pratico delle normative italiane sul riconoscimento dei titoli di studio esteri, possiamo considerare il caso di un cittadino che ha conseguito una laurea in Giurisprudenza presso un’università straniera e desidera partecipare a un concorso pubblico per il ruolo di Funzionario Amministrativo in un ente pubblico italiano. In una situazione del genere, il candidato non può semplicemente autocertificare il proprio titolo di studio estero come avverrebbe per un titolo conseguito in Italia. Invece, il candidato deve seguire una procedura di riconoscimento formale attraverso il procedimento di equivalenza ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo n. 165/2001. Questo processo di riconoscimento richiede la presentazione di una domanda ufficiale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, e contemporaneamente al Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). La domanda deve essere inoltrata via Posta Elettronica Certificata (PEC), utilizzando un modulo specifico disponibile sui siti web di entrambe le amministrazioni.

L’iter non si limita a un semplice invio di documenti. Innanzitutto, il titolo di studio deve essere corredato da una “Dichiarazione di Valore in loco”, rilasciata dalla rappresentanza diplomatica italiana nel Paese in cui è stato conseguito il titolo. Questo documento è essenziale per certificare che il titolo estero possa essere dichiarato equivalente, per livello e contenuto, ai titoli di studio italiani. Senza la Dichiarazione di valore, la domanda non sarà nemmeno presa in considerazione. Inoltre, il titolo deve essere tradotto ufficialmente in italiano da un traduttore ufficiale e legalizzato con Apostille, nel caso in cui il Paese di origine abbia aderito alla Convenzione dell’Aia del 1961, o tramite la legalizzazione consolare se il Paese non è firmatario della Convenzione. La legalizzazione e l’autenticazione garantiscono che il documento sia riconosciuto valido dalle autorità italiane.

Aver ottenuto l’attestato di comparabilità CIMEA rappresenta un’ulteriore garanzia di successo nel processo di riconoscimento di un titolo di studio estero per partecipare a un concorso pubblico in Italia. Il Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche (CIMEA), riconosciuto dal Ministero dell’Università e della Ricerca, è l’ente italiano che si occupa di facilitare il riconoscimento dei titoli accademici stranieri e promuovere la trasparenza nell’ambito della mobilità internazionale. L’attestato di comparabilità rilasciato da CIMEA fornisce una valutazione ufficiale e autorevole sull’equivalenza di un titolo di studio estero rispetto al sistema educativo italiano.

Questo documento, sebbene non sostituisca la “Dichiarazione di Valore in loco,” offre un’analisi dettagliata del titolo, includendo informazioni fondamentali sul livello, la durata, i contenuti del corso di studi e le competenze acquisite. L’attestato di comparabilità certifica che il titolo estero è comparabile a uno specifico livello del Quadro dei Titoli Italiani (QTI) e del Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF), elementi cruciali per le autorità italiane chiamate a valutare la richiesta di riconoscimento del titolo ai fini della partecipazione a un concorso pubblico.

Possedere l’attestato di comparabilità CIMEA non solo rafforza la domanda del candidato, dimostrando la serietà e l’accuratezza della preparazione della documentazione, ma consente anche alle amministrazioni pubbliche di avere un quadro chiaro e oggettivo della qualifica estera presentata. Questo strumento facilita e accelera il processo di valutazione, riducendo il rischio di ritardi legati a interpretazioni divergenti o incomplete della formazione estera. Inoltre, mostra che il candidato ha già effettuato un passo preliminare significativo verso l’equivalenza del titolo, fornendo un’ulteriore base solida su cui le autorità competenti possono appoggiarsi per prendere una decisione definitiva.

In alcuni casi, le amministrazioni pubbliche possono persino considerare l’attestato di comparabilità CIMEA come un elemento determinante per superare dubbi interpretativi o per risolvere eventuali questioni relative alla valutazione del percorso accademico seguito dal candidato all’estero. Pur non avendo valore legale autonomo, l’attestato funge da certificazione autorevole e riconosciuta a livello istituzionale che attesta l’equivalenza del titolo estero, agevolando così l’iter di riconoscimento e migliorando le probabilità di accoglimento della domanda.

In definitiva, l’attestato di comparabilità CIMEA costituisce un elemento di trasparenza e credibilità nel processo di riconoscimento dei titoli di studio esteri, riducendo l’incertezza e i margini di errore. Averlo tra la documentazione presentata non solo dimostra la meticolosità del candidato nell’ottemperare alle normative italiane, ma può anche rappresentare un vantaggio competitivo significativo, aumentando le possibilità di successo nella partecipazione a concorsi pubblici.

Consideriamo ora un secondo esempio. Un cittadino straniero ha conseguito un Master in Ingegneria presso un’università di un Paese non appartenente all’Unione europea e desidera candidarsi per un concorso pubblico come Dirigente Tecnico in un Comune italiano. In questo caso, se il titolo conseguito all’estero rientra in quelli richiesti come requisito di accesso alla selezione pubblica, il candidato deve presentare una domanda di equivalenza ex. art. 38 d.lgs. 165/2001 a Ministero dell’Università e della Ricerca e contestualmente al Dipartimento della Funzione pubblica, fornendo non solo il titolo di studio originale autenticato e legalizzato, ma anche un dettagliato piano di studi con i voti conseguiti per ogni esame. Tutti questi documenti devono essere tradotti in italiano e legalizzati. È importante notare che la sola traduzione non basta; ogni documento deve essere autenticato per dimostrare la sua validità formale. Anche in questo caso, l’autocertificazione è esclusa: il titolo deve seguire una procedura di riconoscimento ufficiale, e non è sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Un ulteriore esempio può essere quello di un professionista che ha ottenuto una qualifica professionale, come quella di Infermiere, in un altro Stato membro dell’Unione europea. Il bando di concorso per infermieri specifica solitamente i requisiti necessari per partecipare, come il possesso di una laurea in infermieristica (o titolo equivalente), l’abilitazione alla professione infermieristica, l’iscrizione all’albo professionale e, in alcuni casi, il possesso di specifiche competenze o esperienze professionali. Le prove di concorso possono comprendere una prova scritta, una prova pratica e una prova orale, che mirano a valutare le competenze teoriche e pratiche dei candidati. Sebbene esista una procedura di riconoscimento delle qualifiche professionali a livello europeo, regolata dalla Direttiva 2005/36/CE, il candidato al concorso bandito dalle aziende sanitarie locali (ASL), aziende ospedaliere, o gli istituti di ricerca ospedaliera (IRCCS), deve comunque seguire specifiche procedure dettate dalla normativa italiana per garantire che la qualifica sia riconosciuta ai fini della partecipazione al concorso. Anche in questo contesto, è necessario fornire la traduzione giurata dei documenti, il certificato di conformità rilasciato dall’autorità competente del Paese d’origine, l’attestato di onorabilità professionale, quello di assenza di procedimenti disciplinari o penali in corso, quello di abilitazione all’esercizio della professione e la prova di possesso delle competenze linguistiche richieste per operare nel sistema sanitario italiano. Senza questi requisiti, la candidatura non verrà considerata valida per partecipare al concorso.

Ogni esempio evidenzia che l’autocertificazione non è un’opzione valida per i titoli e le qualifiche ottenuti all’estero. È indispensabile seguire la procedura formale di riconoscimento, che richiede una documentazione completa, accurata e legalmente valida, con tutte le traduzioni necessarie, legalizzazioni, e dichiarazioni di valore. Solo attraverso un’attenta osservanza di queste prassi, i candidati possono garantire che il loro titolo di studio estero sia riconosciuto per partecipare validamente ai concorsi pubblici italiani. Il mancato rispetto di queste norme non solo rallenta l’intero processo, ma potrebbe anche pregiudicare definitivamente l’accesso del candidato alle opportunità di impiego pubblico.

Nel caso delle professioni regolamentate, come quella di infermiere, il procedimento di equivalenza previsto dall’articolo 38 del Decreto Legislativo n. 165/2001 non è applicabile. Questo significa che, per partecipare a un concorso pubblico in Italia per la professione di infermiere, il titolo di studio conseguito all’estero deve essere stato già riconosciuto dal Ministero della Salute.

Il riconoscimento da parte del Ministero della Salute è necessario perché la professione di infermiere è una professione regolamentata, cioè soggetta a specifiche norme che disciplinano l’accesso e l’esercizio della stessa in Italia. Il riconoscimento del titolo estero deve avvenire prima della partecipazione al concorso, attraverso una procedura che include la verifica dell’equivalenza del titolo rispetto ai requisiti formativi e professionali previsti dal sistema sanitario italiano. Questa procedura è diversa dall’equivalenza per il pubblico impiego ex articolo 38 del D.Lgs. 165/2001, che si applica invece a titoli di studio non necessariamente legati a professioni regolamentate.

Lo stesso principio vale anche per altre professioni regolamentate, come quella di docente nella scuola pubblica italiana. In questo caso, il titolo di studio estero deve essere riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione o dall’Ufficio Scolastico Regionale competente prima di poter partecipare a un concorso pubblico per il ruolo di insegnante. Tuttavia, esistono delle eccezioni, ad esempio per i docenti universitari di prima fascia (professori ordinari), per i quali non è richiesto un riconoscimento del titolo di studio estero, poiché il processo di selezione per queste posizioni è regolato da norme diverse che prevedono una valutazione diretta da parte degli organi accademici competenti.

In sintesi, per partecipare a concorsi pubblici in Italia per professioni regolamentate, il titolo di studio conseguito all’estero deve essere previamente riconosciuto dall’autorità competente. Questo riconoscimento non può essere sostituito dalla procedura di equivalenza prevista per l’accesso generico al pubblico impiego, poiché riguarda specificamente le professioni per le quali sono stabiliti standard professionali e formativi rigorosi.

 

Procedura di riconoscimento e certificazione dei titoli esteri per l’accesso ai concorsi pubblici

Per introdurre correttamente il tema del procedimento formale e della certificazione dei titoli di studio esteri, è fondamentale comprendere che l’accesso ai concorsi pubblici in Italia per chi ha conseguito un titolo di studio all’estero è soggetto a rigorose norme di validazione e riconoscimento. Il Dipartimento della Funzione Pubblica chiarisce che, a meno che non siano previste deroghe specifiche dalle normative dell’Unione Europea, i titoli di studio ottenuti all’estero non possono essere autocertificati, a differenza di quelli conseguiti in Italia.

In particolare, l’articolo 38 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dal decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, stabilisce che il riconoscimento dei titoli di studio esteri per accedere al pubblico impiego deve avvenire attraverso un procedimento formale. Questo processo richiede un parere conforme del Ministero dell’Istruzione o del Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR), quando sono coinvolti titoli di istruzione secondaria superiore. Ciò conferma l’importanza di una valutazione rigorosa e conforme agli standard nazionali, garantendo che i titoli esteri soddisfino i requisiti stabiliti dalle normative italiane.

Il procedimento di riconoscimento formale, noto come “equivalenza”, implica diverse fasi di verifica. Innanzitutto, il candidato deve presentare il titolo di studio estero, che deve essere legalizzato con l’Apostille dell’Aja se il Paese di rilascio ha aderito alla Convenzione dell’Aia del 1961. Se il Paese non è firmatario, la legalizzazione deve essere effettuata dal Consolato italiano competente nel Paese di provenienza. Oltre alla legalizzazione, il titolo deve essere accompagnato da una traduzione ufficiale in italiano e da una “Dichiarazione di Valore”, un documento rilasciato dalla rappresentanza diplomatica italiana nel Paese dove il titolo è stato ottenuto. La Dichiarazione di Valore è cruciale perché fornisce una descrizione dettagliata del titolo di studio estero e ne attesta l’equivalenza rispetto al sistema educativo italiano.

Una volta presentata questa documentazione, l’amministrazione competente, in stretta collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca o MIUR a seconda della tipologia di titolo di studio, valuta la corrispondenza del titolo estero rispetto ai titoli italiani richiesti per l’accesso al concorso. Questo processo di valutazione può includere l’analisi del curriculum di studi, il livello e la durata del corso, nonché l’esame delle competenze e delle qualifiche acquisite. Solo dopo aver ottenuto il riconoscimento formale e la conferma dell’equivalenza del titolo, il documento è considerato valido per l’aggiudicazione della graduatoria nel concorso pubblico, consentendo al candidato di ottenere il contratto di lavoro presso una pubblica amministrazione italiana. E’ bene notare che Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) gestisce il procedimento di equivalenza dei titoli di studio esteri solo per i vincitori di un concorso pubblico, e non prima. Questo significa che il riconoscimento dell’equivalenza del titolo di studio estero non viene effettuato automaticamente per tutti i partecipanti, ma è attivato esclusivamente per coloro che risultano vincitori del concorso al quale desiderano partecipare.

Durante il processo di selezione, i candidati devono presentare una richiesta di equivalenza solo per lo specifico concorso di interesse, allegando alla domanda il bando di concorso pertinente. Questo procedimento, disciplinato dall’articolo 38 del Decreto Legislativo 165/2001, prevede che il titolo estero del candidato venga valutato per stabilire se sia equivalente al titolo italiano richiesto dal bando di concorso. È importante notare che questa procedura di equivalenza non può essere applicata ai concorsi pubblici per il reclutamento di professioni regolamentate, come quella di docente, infermiere o altre professioni sanitarie.

Il riconoscimento del titolo di studio estero ai fini professionali deve quindi essere ottenuto dal Ministero competente, ad esempio dal Ministero della Salute per gli infermieri o dal Ministero dell’Istruzione per i docenti. Solo dopo aver ottenuto questo riconoscimento preliminare, il titolo estero può essere considerato valido per partecipare a concorsi pubblici italiani. Questo garantisce che il titolo rispetti gli standard nazionali e internazionali e sia idoneo per l’uso specifico previsto dal concorso in questione.

Pertanto, la procedura di equivalenza non è preventiva ma viene applicata solo successivamente alla vittoria del concorso, confermando che il titolo del vincitore è adeguato per l’inserimento nella graduatoria finale e per l’assunzione da parte della pubblica amministrazione

Questa procedura rigorosa garantisce che solo i titoli di studio che rispettano gli standard italiani possano essere utilizzati per finalità pubbliche, assicurando l’integrità, la trasparenza e la qualità del sistema di reclutamento nel settore pubblico italiano.

 

Importanza della verifica formale del titolo per la trasparenza e l’integrità dei concorsi pubblici

Questa procedura è cruciale per mantenere l’integrità e la trasparenza del sistema di reclutamento pubblico in Italia. Senza la verifica dell’autenticità e dell’equivalenza dei titoli esteri, vi sarebbe un rischio elevato di accettare candidati senza le qualifiche adeguate, compromettendo la qualità del servizio pubblico. L’assenza della possibilità di autocertificazione per i titoli di studio esteri, quindi, non è un mero tecnicismo burocratico, ma una misura fondamentale per garantire che le persone impiegate in ruoli pubblici abbiano le competenze e le qualifiche appropriate, accertate attraverso un processo rigoroso e trasparente. Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) svolge un ruolo fondamentale in questo contesto, richiedendo che tali documenti accompagnino ogni richiesta di riconoscimento per garantirne la conformità ai requisiti di legge. Solo attraverso questa verifica formale i titoli esteri possono essere considerati equivalenti ai titoli italiani e, quindi, validi per la partecipazione a concorsi pubblici.

Pertanto, è essenziale che i candidati con titoli di studio esteri comprendano la necessità di seguire queste procedure e si preparino in anticipo per soddisfare tutti i requisiti legali previsti. Questo assicurerà non solo il rispetto delle norme italiane, ma anche una corretta valutazione del loro percorso formativo, permettendo loro di competere equamente nel sistema di selezione pubblica italiano.

L’impossibilità di autocertificare i titoli esteri è dunque una misura volta a mantenere l’integrità del sistema di selezione per i concorsi pubblici, evitando il rischio di falsificazioni e garantendo che i candidati siano realmente in possesso delle qualifiche richieste. È essenziale comprendere che queste regole non rappresentano un mero formalismo burocratico, ma sono fondamentali per preservare la qualità e la trasparenza del processo di selezione pubblica, in un contesto in cui la competenza e la qualificazione devono essere valutate accuratamente e con rigore.

In conclusione, il riconoscimento dei titoli di studio esteri ai fini della partecipazione a concorsi pubblici in Italia richiede una procedura rigorosa e ben definita, che esclude l’autocertificazione e impone un processo di verifica formale. Questa normativa assicura che solo i titoli verificati e ritenuti equivalenti siano accettati, mantenendo la fiducia nell’equità e nell’efficacia dei processi di selezione nel settore pubblico. È dunque consigliabile per chiunque intenda partecipare a concorsi pubblici con un titolo di studio conseguito all’estero informarsi adeguatamente sulle procedure da seguire, consultando i siti del Ministero dell’Università e della Ricerca e del Dipartimento della Funzione Pubblica per ulteriori dettagli e aggiornamenti.

 

Copie autentiche o autentiche di copie di titoli esteri: facciamo chiarezza.

Perché non possono essere fatte in Italia?

Quando si tratta di riconoscere un titolo di studio estero per partecipare a concorsi pubblici in Italia, emergono frequentemente dubbi e malintesi riguardo le modalità di autocertificazione e autenticazione dei documenti. Mentre per i titoli di studio ottenuti in Italia è possibile ricorrere all’autocertificazione, come previsto dalle normative italiane, lo stesso non vale per i titoli conseguiti all’estero. Questo limite, che intende salvaguardare la trasparenza e l’integrità del sistema di selezione pubblica, si applica anche alla possibilità di autenticare copie di titoli esteri tramite notai o uffici comunali italiani.

Molti candidati credono erroneamente che autenticare una copia del proprio titolo estero presso un notaio italiano o un ufficio comunale possa essere una soluzione rapida e valida per il riconoscimento ufficiale. Tuttavia, queste pratiche non hanno alcun valore legale in Italia per i titoli di studio esteri. Questo perché l’autenticazione effettuata in Italia non può garantire la veridicità e l’integrità del documento rilasciato da un’istituzione straniera, dal momento che le amministrazioni italiane non dispongono dei mezzi necessari per verificarne direttamente l’autenticità.

Per ottenere il riconoscimento formale di un titolo di studio estero, è necessario seguire specifiche procedure che prevedono l’autenticazione nel Paese in cui il titolo è stato rilasciato. Questo include la legalizzazione del titolo presso il Consolato italiano nel Paese d’origine o l’apposizione dell’Apostille, se il Paese in questione ha aderito alla Convenzione dell’Aia del 1961. Solo attraverso queste procedure il titolo di studio può essere ritenuto conforme alle normative italiane e valido per l’accesso a concorsi pubblici o altre finalità ufficiali in Italia.

Il primo scoglio incontrato dall’interessato riguarda la produzione delle “copie autentiche”[1] o autentiche di copia”[2] del titolo di studio o attestato di qualifica esteri in lingua originale, richieste dalle amministrazioni competenti ai fini dell’avvio dell’istruttoria. Solitamente per copia autentica si intende una fotocopia del documento originale autenticata dalle rappresentanze diplomatiche italiane presso il paese estero di provenienza del documento o, da un notaio del Paese estero di origine o da altro pubblico ufficiale. Nel caso la copia sia formata in Italia (solo per documenti in lingua italiana), questa potrà essere autenticata ai sensi dell’art. 18 del d.p.r. n. 445/2000.[3]

Ai sensi del citato d.p.r., inoltre, l’interessato potrà altresì avvalersi di una modalità alternativa all’autenticazione di copie dei propri titoli di studio conformi all’originale, disciplinata dall’art. 19(R)[4], utilizzando la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui all’art. 47 del medesimo testo normativo, che dovrà includere la formula “sono consapevole delle sanzioni penali previste per il caso di dichiarazione mendace dall’articolo 76, nonché di quanto previsto dall’articolo 75 del d.p.r.. 445/2000[5]. Ma come abbiamo ribadito, questo secondo procedimento è applicabile esclusivamente a documenti formati in Italia.

È di particolare rilevanza dedicare ampio spazio alla trattazione della questione posta sulle “copie autentiche”, essendo quella che nell’ambito delle attività prodromiche al procedimento di riconoscimento, desta maggiori perplessità.

Per autentica di copia si intende “l’autenticazione di copia”, o più correttamente, la “copia autenticata”, che consiste in una fotocopia del documento originale autenticata o dalle rappresentanze consolari italiane presso il paese estero di provenienza del documento o, nel caso sia formata in Italia, questa dovrà essere autenticata ai sensi dell’art. 18 del d.p.r. n. 445 del 2000, che prevede che tale compito spetti ad un pubblico ufficiale comunale o alle cancellerie dei Tribunali. L’articolo 19, in combinato disposto con l’art. 18 del citato d.p.r., prevede altresì delle modalità alternative dell’autenticazione di copia, funzionali ad esempio, per la Dichiarazione di valore in loco rilasciata dalle rappresentanze diplomatiche italiane e per il verbale di asseveramento, con annessa traduzione giurata dei documenti, formato in Italia presso un Tribunale o un Giudice di pace, per i quali è possibile presentare, una dichiarazione di autentica di copia mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Tra l’altro, ai sensi della disposizione dell’art. 19, quando i documenti provengono da pubbliche amministrazioni, quali il verbale di asseveramento e annessa traduzione, con timbri del Tribunale ben visibili e dichiarazione in calce che ne confermi la natura di copia conforme, non occorre alcuna autentica o dichiarazione sostitutiva in quanto l’atto in sé costituisce già un’autenticazione di copia.

Si ricorda che la “copia autentica” di un documento può essere rilasciata soltanto dall’ente che lo ha emesso. Non è ammessa la copia conforme di una copia autentica.

Le autenticazioni di copia si rendono necessarie in quanto non vi sono sistemi di cooperazione tra Stati che consentano l’accertamento della veridicità dei documenti presentati afferenti ai titoli di studio, come nel caso delle qualifiche professionali e per le prestazioni di servizi, regolate da apposita normativa UE, con la possibilità di attingere ad appositi sistemi di controllo unionale. I titoli di studio al momento, non sono archiviati o registrati dalle rappresentanze diplomatiche italiane, né tantomeno sono immagazzinati in sistemi di archiviazione decentralizzati come potrebbe essere la piattaforma blockchain, di cui si parlerà diffusamente in seguito.

Questo chiarisce perché la sorte delle copie autentiche debba necessariamente seguire quella segnata dalla normativa dei titoli esteri per la cui valutazione è prevista la relativa certificazione, non consentendo l’auto-certificazione come avviene invece per i titoli di studio italiani.

L’articolo 19 del d.p.r. 445 del 2000 non trova peraltro applicazione in tal senso, in quanto è riferibile esclusivamente a documenti depositati presso o registrati dalle amministrazioni dello Stato, incluse quelle dislocate all’estero, per i quali sia reso esperibile il controllo della relativa genuinità e autenticità dall’atto prodotto in copia. Risulta opportuno puntualizzare che la “copia autentica” o “autenticazione di copia” che dir si voglia, non è ammessa in quanto copia conforme di una copia autentica precedentemente rilasciata per un documento.

Per quanto riguarda gli atti formati all’estero, la procedura di rilascio delle copie autentiche è decisamente più complessa. Innanzi tutto va precisato che le autentiche di copia si rendono necessarie, in primis, per evitare di utilizzare ai fini del procedimento di riconoscimento atti unici e irripetibili quali il diploma pergamena o l’attestato della qualifica, che dovranno restare in possesso del titolare, in secundis, in quanto la normativa vigente non prevede sistemi di cooperazione tra Stati che consentano il controllo della veridicità dei documenti presentati dall’istante, offrendo la possibilità di attingere ad appositi sistemi di controllo, come nel caso dei titoli di studio e delle qualifiche professionali, oltre che ai fini delle prestazioni di servizi regolate da apposita normativa dell’Unione europea.

Inoltre, per questa tipologia di documenti non è previsto un deposito presso i registri o gli archivi delle rappresentanze diplomatiche italiane stabilite nel Paese di provenienza del titolo e pertanto la forma di autenticazione viene disciplinata dalla normativa in materia di titoli esteri per la cui valutazione viene richiesta la relativa certificazione, non essendo possibile avvalersi dell’auto certificazione come per i titoli di studio italiani. Tra l’altro, è importante sottolineare che la “copia autentica” di un documento può essere rilasciata soltanto dall’ente che lo ha emesso, non essendo ammessa la copia conforme di una copia autentica.

Pertanto, a seconda dello Stato di rilascio del titolo, le procedure per l’autenticazione della copia del titolo possono variare.

Quando si richiede una Dichiarazione di Valore per un titolo di studio estero presso un consolato italiano, è necessario ottenere una copia autentica del titolo, poiché l’originale è un documento unico e non riproducibile. Tuttavia, le modalità per ottenere questa copia autenticata variano da Paese a Paese.

Ad esempio, presso il Consolato Generale d’Italia a New York, per ottenere una Dichiarazione di Valore, è richiesto che il titolo di studio, come un diploma di scuola superiore o una laurea, sia firmato dal Preside o dal Registratore dell’istituzione accademica davanti a un Notaio pubblico. Successivamente, questa firma deve essere legalizzata con l’Apostille dal Segretario di Stato competente. Anche la traduzione dei documenti in italiano deve essere effettuata, mantenendo i voti esattamente come appaiono nei documenti originali. Questa procedura è necessaria per garantire la validità del titolo di studio agli occhi delle autorità italiane.

Nel caso del Canada, a partire dall’11 gennaio 2024, la Convenzione dell’Aia sull’Apostille è entrata in vigore, il che significa che i documenti pubblici e notarili non richiedono più l’autenticazione da parte dei Servizi di Autenticazione Provinciali, ma piuttosto l’Apostille stessa emessa da “Global Affairs Canada” o dal Ministero dei Servizi Pubblici e delle Imprese di Ontario, a seconda del luogo di emissione. Pertanto, se un documento è accompagnato dall’Apostille, non è necessaria un’ulteriore legalizzazione da parte del Consolato Generale d’Italia per essere utilizzato in Italia.

A Londra e in generale in tutto il Regno Unito, il Consolato Generale d’Italia richiede che il diploma e i certificati accademici siano tradotti in italiano e che le traduzioni siano conformi agli standard richiesti dalle autorità italiane. Tuttavia, per alcuni tipi di documenti come certificati di scuola secondaria, le traduzioni potrebbero non essere necessarie.

Questi esempi mostrano come le procedure possano variare notevolmente a seconda del Paese e del tipo di documento. È quindi fondamentale consultare la sezione dedicata alla Dichiarazione di Valore sui siti web dei consolati italiani competenti per conoscere le procedure specifiche applicabili nel proprio caso e garantire che la copia autentica del titolo di studio sia accettata in Italia.

Per ulteriori informazioni, è possibile visitare i siti dei consolati italiani di New York, Toronto, Londra, San Francisco e Ottawa.

Quando si tratta di far riconoscere un titolo di studio estero in Italia, la questione dell’autenticazione assume un’importanza fondamentale. Poiché il diploma originale è un documento unico e non riproducibile, le autorità consolari italiane richiedono una copia autentica per poter emettere la Dichiarazione di Valore, un passaggio imprescindibile per il riconoscimento ufficiale del titolo. Tuttavia, le modalità per ottenere una copia autentica del titolo di studio variano considerevolmente da Paese a Paese, riflettendo le diverse normative locali e le prassi amministrative internazionali.

Per questo motivo, è essenziale consultare il consolato italiano competente nel Paese in cui il titolo è stato conseguito, al fine di comprendere quali siano le specifiche procedure da seguire per ottenere una copia autentica valida. Ad esempio, in alcune giurisdizioni, come a Bruxelles, l’autorità consolare italiana può occuparsi direttamente dell’autenticazione, verificando la conformità del titolo con l’istituzione che lo ha rilasciato. In altre situazioni, come in Canada, l’autenticazione deve essere richiesta direttamente all’ente di istruzione che ha emesso il titolo, mentre in città come New York, questa operazione deve essere effettuata da un notaio in presenza del Rettore o del Preside dell’istituto.

Queste differenze dimostrano quanto sia cruciale informarsi adeguatamente attraverso le pagine dedicate alla Dichiarazione di Valore sui siti web dei consolati italiani, per conoscere la normativa locale e assicurarsi che la copia autentica del titolo di studio sia accettata in Italia.

Nel Regno Unito è previsto che la copia autentica di un titolo di studio venga rilasciata da un Notary Public[6] vale a dire un pubblico ufficiale autorizzato, il quale nell’esercizio delle sue competenze, provvederà prima di rilasciare la copia autenticata, corredata da un verbale di rito contenente la dichiarazione di conformità, a verificare la genuinità e veridicità del titolo presso la competente autorità accademica. Questo accertamento è requisito essenziale ai fini del successivo rilascio della Dichiarazione di valore da parte delle autorità diplomatiche consolari presenti sul territorio britannico. La firma apposta dal Notary Public verrà apostillata dalla competente autorità governativa identificata nel Foreign Commonwealth Office (FCO), per tutti i Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1961.

Nella circolare ministeriale[7] viene riportato che la firma che dovrà essere legalizzata a mezzo di Apostille dell’Aja o con timbro di legalizzazione consolare per i paesi non aderenti alla Convenzione dell’Aja, sarà quella posta in calce al titolo (come ad esempio quella del chancellor, vice chancellor, dean, registrar o funzionario scolastico o accademico di riferimento), al diploma supplement e al transcript. Tuttavia, giova notare che la maggior parte dei funzionari degli istituti di istruzione non hanno la firma depositata presso l’ufficio legalizzazioni consolare o presso l’ente governativo preposto all’apposizione dell’Apostille dell’Aja, pertanto sarà indispensabile ai fini della legalizzazione/Apostille che tali firme siano previamente autenticate da un pubblico ufficiale o, per i Paesi che lo prevedono come ad esempio la Spagna, dall’ente ministeriale preposto. Relativamente al Regno Unito, la copia autentica dei suddetti documenti a firma del Notary Public o altro pubblico ufficiale autorizzato, che avrà la propria firma munita di Apostille, sostituisce sempre la Apostille sulla firma e timbro dei firmatari del titolo e del transcript o diploma supplement.

Diversamente, in Spagna l’autentica di copia del titolo di studio deve necessariamente essere rilasciata dalla competente autorità ministeriale, ovvero il Ministerio de Educación o dalla Consejería de Educación che provvederanno a legalizzare le firme dei funzionari spagnoli riportate sui titoli di studio.

Nello Stato di New York, l’autentica di copia dovrà invece seguire una procedura ancora più stringente al fine della corretta formazione. Infatti, è previsto che un pubblico ufficiale, quale un Notaio pubblico effettui alla presenza congiunta del primo funzionario scolastico o accademico, nella figura del preside o del rettore a seconda della tipologia di titolo, l’autentica della firma apposta sullo stesso. Una volta prodotta la copia autentica corredata dal verbale notarile di conformità, il documento così formato dovrà essere presentato presso l’ufficio del County Clerk per la legalizzazione della firma del Notaio pubblico.

D’altra parte tale complessa procedura deve essere rispettata anche per i titoli di studio conseguiti nei Paesi dell’Unione europea, per i quali, come indicato nella circolare del MUR[8], non sono previste particolari esenzioni da formalità di autenticazione o di traduzione come, nel caso di documenti amministrativi riguardanti atti di stato civile e certificati elettorali, ai sensi di apposito regolamento dell’unione europea del febbraio 2019.

Questa complessità normativa riflette la necessità di garantire la validità e la trasparenza dei documenti utilizzati per scopi ufficiali in Italia, in particolare per l’accesso a concorsi pubblici e altre procedure amministrative, evitando rischi di frode o manipolazione dei titoli di studio.

 

Quando le copie autentiche di atti formati all’estero sono consentite

In Italia, l’autentica di copia è un processo che implica la produzione di una fotocopia di un documento originale che viene autenticata. Questa autenticazione può essere effettuata dalle rappresentanze diplomatiche italiane presenti nel Paese estero in cui il documento è stato originariamente rilasciato oppure, se la copia viene formata in Italia, può essere autenticata ai sensi dell’articolo 18 del D.P.R. n. 445/2000. Normalmente, questo avviene presso l’Ufficio dell’anagrafe comunale, con esenzione dalla marca da bollo nel caso in cui l’autentica sia richiesta per usi come concorsi pubblici o assunzioni, ma può essere effettuata anche presso le cancellerie dei Tribunali.

Per quanto riguarda la Dichiarazione di Valore in loco rilasciata dalle rappresentanze diplomatiche italiane e il verbale di asseveramento con annessa traduzione giurata dei documenti formata in Italia presso un Tribunale o un Giudice di Pace, è possibile presentare, in alternativa alle copie autentiche ai sensi dell’art. 18, una dichiarazione di autentica di copia tramite una dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi degli articoli 19 e 19-bis del D.P.R. n. 445/2000. Questo è possibile perché i documenti sono considerati provenienti da pubbliche amministrazioni. Nel caso del verbale di asseveramento e della traduzione giurata, se i timbri del Tribunale sono ben visibili e vi è una dichiarazione in calce che attesti che si tratta di copia conforme, non è necessaria alcuna ulteriore autentica o dichiarazione sostitutiva, poiché sono già considerati autentiche di copia.

È importante sottolineare che, per la Dichiarazione di Valore in loco e per i verbali di asseverazione delle traduzioni giurate, con annesse traduzioni eseguite in Italia presso i Tribunali, se non sono già presentati come autentiche di copia formate in Tribunale, è possibile presentare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 445/2000. Questa dichiarazione può essere fatta utilizzando un modello inviato al momento dell’avvio della lavorazione dell’istanza o ai sensi dell’art. 19-bis, che prevede una dichiarazione di copia conforme e la firma su ogni pagina delle copie. È importante richiamare l’attenzione sulle sanzioni per dichiarazioni mendaci, secondo quanto previsto dall’articolo 76 del D.P.R. 445 del 2000, nonché quanto previsto dall’articolo 75 del medesimo decreto, con la formula di avvertenza: “sono consapevole delle sanzioni penali previste per il caso di dichiarazione mendace dall’articolo 76, nonché di quanto previsto dall’articolo 75 del D.P.R. 445 del 2000”.

 

Riflessioni finali

Sia la dichiarazione sostitutiva di atto notorio che l’autenticazione di copie di titoli esteri in Italia, effettuate tramite notai o uffici locali, rappresentano due pratiche inadeguate per il riconoscimento formale di un titolo di studio estero nel contesto dei concorsi pubblici. Queste pratiche non sono consentite dalla legge italiana perché non garantiscono la necessaria accuratezza e trasparenza del processo di selezione pubblica. L’autocertificazione, infatti, non può essere utilizzata per i titoli esteri, poiché le autorità italiane non hanno mezzi per verificare direttamente l’autenticità dei documenti rilasciati da istituzioni straniere.

Per queste ragioni, è fondamentale seguire le corrette procedure di autenticazione e legalizzazione nel Paese d’origine del titolo. Tali procedure includono la legalizzazione del titolo presso il Consolato italiano nel Paese dove il titolo è stato conseguito o l’apposizione dell’Apostille, se il Paese aderisce alla Convenzione dell’Aia del 1961. Solo attraverso questi metodi il titolo di studio estero può essere riconosciuto legalmente in Italia, evitando errori che potrebbero compromettere l’ammissione ai concorsi pubblici o altre opportunità professionali.


[1] A riguardo si vedano le disposizioni previste dalla circolare della Direzione generale per la formazione universitaria pubblicate sul sito del MUR al seguente link: https://www.mur.gov.it/sites/default/files/2021-01/pdf%205.pdf.

[2] Direzione generale per la formazione universitaria, l’inclusione e il diritto allo studio. Ufficio Accesso programmato e formazione superiore ai fini dell’insegnamento.

[3] Il D.p.r. m. 445 del 28 dicembre 2000, relativo al “testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”, nella sezione IV dedica l’art. 18 alle copie autentiche, specificando al secondo comma che “L’autenticazione delle copie può essere fatta dal pubblico ufficiale dal quale è stato emesso o presso il quale è depositato l’originale, o al quale deve essere prodotto il documento, nonché da un notaio, cancelliere, segretario comunale, o altro funzionario incaricato dal sindaco. Essa consiste nell’attestazione di conformità con l’originale scritta alla fine della copia, a cura del pubblico ufficiale autorizzato, il quale deve altresì indicare la data e il luogo del rilascio, il numero dei fogli impiegati, il proprio nome e cognome, la qualifica rivestita nonché apporre la propria firma per esteso ed il timbro dell’ufficio. Se la copia dell’atto o documento consta di più fogli il pubblico ufficiale appone la propria firma a margine di ciascun foglio intermedio. Per le copie di atti e documenti informatici si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 20. (L)”.

[4] D.p.r. 445/2000 cit., art. 19, rubricato “Modalità alternative all’autenticazione di copie.

[5] D.p.r. 445/2000 cit., art. 19, rubricato “decadenza dai benefici”.

[6] Secondo le disposizioni consolari riportate sul sito del consolato di Londra, è previsto che “la copia verificata e autenticata del titolo accademico originale, legalizzata per mezzo di Apostille dal Foreign, Commonwealth & Development Office FCDO, sia verificata ed autentica solamente tramite un Notary Public britannico che esercita nel Regno Unito, il quale dovrà procedere alla verifica dei titoli/attestazioni britannici presso università/college/scuole/commissioni esaminatrici, oltre ad appurare che l’istituto di cui trattasi sia accreditato, e a confermarlo nell’enunciato del certificato notarile. Esempio di dicitura che deve contenere l’attestazione notarile: “Certifico altresì che il titolo di studio è autentico e che io notaio ho provveduto alla verifica dello stesso presso l’istituto di riferimento”. Tale enunciato può essere in inglese o in italiano. https://conslondra.esteri.it/it/servizi-consolari-e-visti/servizi-per-il-cittadino-italiano/istruzione/dichiarazioni-di-valore/titoli-accademici-di-secondo-livello-master-degree/.

[7] circolare della Direzione generale per la formazione universitaria pubblicate sul sito del MUR cit.

[8] (Ibidem).

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